LA RICERCA ARCHEOLOGICA NELLE SALINE
(CALABRIA TIRRENICA MERIDIONALE, RC)
di
FRANCESCA ZAGARI, GIOVANNA COTRONEO,EMANUELA PETTINELLI, FRANCESCO PIZZUTI,
FRANCESCA RAPONE
I. INQUADRAMENTO STORICO-GEOGRAFICO
In questa sede, si vogliono presentare, in forma preliminare,i risultati della ricerca condotta
sull'insediamento medievale delle Saline; area collocata immediatamente a nord del Reggino,
compresa tra il mare Tirreno, l'Aspromonte e la Piana di Rosarno. Si tratta di un territorio
geograficamente molto articolato, che include la costa con centri portuali di origine romana
o pre-romana, come Taurianum , la pianura (Piana di Gioia Tauro), la montagna (Aspromonte)
ed i fiumi (tra i quali spicca il Metauro-Petrace). La prima testimonianza del toponimo Saline,
collegato alla presenza di ristagni d'acqua lungo il corso del Petrace, è stata vista nella
leggendaria Vita Tauri, inserita nella Vita di S. Pancrazio di Taormina, alla quale farebbe
riferimento anche la Vita greca di S. Fantino di Tauriana, scritta dal vescovo Pietro tra la metà
dell'VIII ed i primi venti anni del IX secolo (ROSSI TAIBBI 1962,p. 206; GUILLOU 1971, p. 23;
SALETTA 1963, p. 44; ANGIÒ 1997, pp. 61-69). Il toponimo fu quindi usato per identificare il
luogo in cui S. Elia il Giovane costruì il suo monastero e, alla fine dell'età bizantina, viene citato
nel Brebion di Reggio e nella Vita di S. Luca, vescovo di Isola di Capo Rizzuto. (ROSSI TAIBBI
1962, rr. 595,762, 782, 1157, 1166, 1403,1607; GUILLOU 1974, pp. 507-511; SCHIRÒ 1954, p.
84, r. 58).
Le Saline figurano poi come sede di una turma nella raccolta dei 47 atti di donazione alla
cattedrale di S. Agata, risalenti al periodo compreso tra il 1050 ed il 1064/1065 d.C. Si tratta di
una città episcopale fondata intorno alla metà dell'XI secolo presso un precedente kastron di
nome Oppido, che è forse identificabile con l'antica Mamerto, attualmente oggetto di campa-
gne di scavi (GUILLOU 1971; COSTAMAGNA, VISONÀ 1999). La menzione delle Saline continua
anche dopo l'età bizantina nell'espressione "vallis Salinarum" (all'inizio dell'epoca normanna) e
come nome di un villaggio, collocato probabilmente al di fuori dell'omonima zona
(GUILLOU1974, p. 62, r. 374 ; ROSSI TAIBBI 1962, pp. 205-206; PONTIERI 1964, pp. 157, 181).
F.Z.
II. LA RICERCA: DATI ACQUISITI E PROSPETTIVE PER IL FUTURO *
Pur essendo ormai da tempo acclarata l'importanza storica delle Saline medievali, la zona è
stata raramente interessata da indagini archeologiche mirate. Una tesi di dottorato di ricerca
in Archeologia e Antichità post-classiche (III-XI secc.) presso l'Università degli Studi di Roma
"La Sapienza" (in corso di pubblicazione), ad opera di chi scrive, è stata l'occasione per iniziare
una serie di indagini su abitati ed organizzazione del territorio, in epoca tardoantica e
medievale, in una zona di cui erano noti (attraverso le fonti scritte) l'importanza produttiva ed
il rilievo del fenomeno monastico, ma non gli aspetti materiali e le dinamiche del popolamento
e dello sfruttamento delle risorse. Le indagini hanno incluso scavi archeologici (chiesa di S.
Fantino a Tauriana di Palmi e monastero di S. Marina a Delianuova), ricognizioni di superficie,
rilievi e campionature murarie, studio di reperti da scavi contemporanei e di manufatti trovati
in passato e ricostruzione della produzione anche mediante il confronto con attività tradiziona-
li, condotte con metodi pre-industriali, nello stesso territorio. Gli esiti positivi della ricerca spin-
gono, quindi, verso la prosecuzione degli scavi archeologici in corso e verso l'indagine in altri
siti (con diversa natura insediativa) e lo studio di ulteriori manufatti.
F.Z.
Nel territorio dell'odierno Comune di Palmi, si trovava l'antica città di Tauriana, in corrispon -
denza di un porto di origine naturale. Essa acquisì un'organizzazione di tipo urbano in epoca
italica, con la presenza dei Tauriani, attestati anche a Mella-Oppido (COSTAMAGNA,VISONÀ
1999; AGOSTINO 2001). I centri urbani romani e medievali delle Saline mostrano, infatti, un
forte legame con l'insediamento italico: le due città che si succedono nell'ambito della storia
altomedievale della regione (Tauriana e S. Agata-Oppido) costituiscono i due poli di quell'asse
che sembra essere stato l'elemento portante dell'organizzazione italica del territorio. Mentre la
prima Oppido perde importanza dopo la fine del periodo romano, Tauriana continua ad essere
un centro di prima grandezza, sede vescovile almeno dal VI sino all'XI secolo. In epoca altome-
dievale, l'abitato di Tauriana, sebbene poco noto da fonti archeologiche, parrebbe aver conser -
vato le caratteristiche salienti dell'insediamento di età romana: estensione su entrambe le rive
del fiume Metauro (odierno Petrace), presenza di uno o più porti, aree produttive collocate tra
il porto e la città o sui pianori circostanti. Oltre al porto ed alla pesca, la fertilità della terra do-
veva essere una delle più importanti risorse di Tauriana e la vicinanza alla viabilità principale
di età romana e al fiume Metauro garantiva, inoltre, la possibilità di rapidi spostamenti, per
mare e per terra, di merci e persone.
La più dettagliata fonte scritta su Tauriana altomedievale è la sopra menzionata Vita greca di
S. Fantino il Vecchio (una biografia e una raccolta di venti miracoli), opera di un certo Pietro,
originario di Tauriana e, probabilmente, vescovo di Siracusa (ACCONCIA LONGO 1995; Ead.
1999;MINUTO 2003). Strutture di epoca tardoantica-altomedievale sono state individuate pres-
so il porto, mentre il pianoro che aveva ospitato il centro monumentale della città italica e ro -
mana sembra essere stato monopolizzato, dal punto di vista insediativo, dalla presenza del
santuario di S. Fantino e da quella, molto più evanescente, del vescovo. S. Fantino è un Santo
locale, morto agli inizi del IV secolo, oggetto di un notevole culto durante l'epoca bizantina. La
chiesa a lui dedicata sorse nel suburbio meridionale dell'antica città, con funzione funeraria
dall'epoca imperiale sino, almeno, al V-VII secolo, quando risulta essere il cimitero episcopale
di Tauriana. L'antica tomba del Santo viene identificata, dal vescovo Pietro, in un ambiente ipo-
geo (c.d. "cripta") che riutilizza strutture romane legate alla conservazione-distribuzione del-
l'acqua,a loro volta realizzate con materiale di epoca precedente (DE SALVO 1886; SETTIS
1987; COSTABILE 1976; BUONOCORE 1985; ID. 1987; AGOSTINO 2001).
F. Z.
Bolli laterizi
Un'accurata indagine delle strutture murarie della cripta ha messo in luce una modesta quanti-
tà di materiale laterizio bollato, certamente reimpiegato in tempi diversi e riconducibile a di -
stinte fasi di edificazione dell'ambiente ipogeo. È evidente che il riutilizzo di tali manufatti, in-
crementato dall'ampia disponibilità di laterizi presenti nel territorio, si protrasse fino al mo -
mento della costruzione delle due pareti est ed ovest, più tarde rispetto a quelle sud e nord.
Sono stati individuati complessivamente diciotto bolli iscritti: diciassette esemplari con legen-
da in lingua greca, databili al IV-III secolo a.C., e un unico documento inciso in caratteri latini
da ricondurre cronologicamente al II secolo d.C. Disposti sulle quattro pareti della cripta, i bol-
li sono iscritti all'interno di un cartiglio rettangolare oppure a tabula ansata, ad eccezione del-
l'esemplare latino per il quale sembra logico ipotizzare, stando all'andamento delle lettere, un
originario cartiglio circolare, del quale tuttavia non risultano visibili i contorni. I bolli recano
una breve legenda, caratterizzata da un antroponimo posto al genitivo, che svela l'identità del
proprietario della figlina. Nonostante le difficoltà interpretative poste da un documento parti -
colarmente lacunoso, nella maggior parte dei casi il ripetersi di formule onomastiche già pre-
senti nello stesso contesto ha consentito una lettura agevole. È attestato ben sei volte il nome
Armodskou , già noto a Tauriana: l'interpretazione del nesso posto a fine di parola (kou) sem-
bra accettabile, ma non si può escludere che si tratti di un simbolo, ovvero di un contrassegno
di fabbrica (SETTIS 1987, p. 91). Alla difficoltà di risalire al centro di produzione di questi
esemplari, si contrappone l'ampia diffusione e circolazione di essi. È possibile che nel territo-
rio di Tauriana e dintorni fossero attive delle figline, ma sembra più logico credere che la pro -
duzione di questi materiali con bolli in lingua greca avvenisse a Reggio, centro rinomato, par-
ticolarmente in età ellenistica, per l'abbondanza di materiale edilizio realizzato in scala indu-
striale (D'AMORE 1998, pp. 292-293).
G. C.
Palmi |
Durante una campagna di scavi appena conclusa, condotta in collaborazione con la
Soprintendenza Archeologica della Calabria e presto oggetto di pubblicazione anche grazie
all'interessamento del Comune di Palmi, è stata riportata alla luce la chiesa di S. Fantino di cui
parla il vescovo Pietro: una struttura basilicale triabsidata, con portico sulla fronte, solo in
minima parte individuata durante un breve intervento nel 1993 (AGOSTINO 1999). Tale luogo di
culto fu poi riutilizzato nell'ambito di una chiesa cinquecentesca, con una nuova decorazione
affrescata e un nuovo altare laterale con relativa suppellettile liturgica.
Cinque frammenti di plutei lapidei con decorazione vegetale entro riquadri (conservati
nell'Antiquarium di Palmi) appartengono ad un grosso rifacimento della chiesa altomedievale
e, assai simili a quelli rinvenuti a S. Martino di Copanello (CZ), sembrano di produzione locale.
In assenza di strutture (oltre alla chiesa in questione), risultano essere particolarmente
importanti, per conoscere la Tauriana altomedievale, i materiali attribuibili alla tarda Antichità
e all'alto Medioevo che, sporadicamente e nel corso del tempo, sono stati rinvenuti sul pianoro
di S. Fantino e che testimoniano l'occupazione dell'area dell'antica città anche in età post-
classica. Nell'alto Medioevo, il tessuto urbano di Tauriana doveva comunque essere
seriamente compromesso poiché il vescovo Pietro scrive di devastazioni in tempi recenti
che hanno riguardato la parte centrale della città e, prima di lui, Gregorio Magno parla di una
occasione barbarica che costrinse i monaci e il clero di Tauriana a rifugiarsi,
temporaneamente, a Messina (RUSSO 1974, I, 23, p. 36).
F. Z.
Manufatti sporadici dal pianoro di S. Fantino.
Appartengono a collezioni private diversi manufatti, rinvenuti sul pianoro di S. Fantino, che si
riferiscono al periodo compreso tra IV e VIII-IX secolo. Tra di essi, segnaliamo un follis di
Costantino I, con, sul dritto, la testa laureata dell'imperatore volta a destra e intorno la legenda
«CONSTANTINVS AVG»; al rovescio, figura un accampamento o la porta di una città
sormontata da due torrette e da una stella, con «PROVIDENTIAE AVGG». Il tipo del rovescio è
quello utilizzato principalmente nei folles di 1/96 di libbra (3,41 g), coniati da Costantino I
prima dell'anno 330. La porta di città si ritrova, comunque, lungo tutto il IV secolo. Altre
quattro monete sono di difficile lettura a causa del cattivo stato di conservazione: un probabile
follis di Costantino I, coniato prima dell'anno 330, e tre folles posteriori al 335, anno in cui
il peso di questa moneta fu ridotto a 1/192 di libbra (1,70 g).
Nella prima moneta, sul dritto, è visibile la testa laureata dell' imperatore rivolta a destra, con
intorno l'iscrizione «CONSTANTINVS AVG» e, al rovescio, intorno ad una ghirlanda che doveva
contenere una iscrizione relativa ai vota dell'imperatore, si legge «DN CONSTANTINI» (da
completarsi,forse, con «MAX AVG»); le altre monete, probabili emissioni in bronzo dei figli di
Costantino I, recano gli stessi tipi di quella precedente, con, in un esemplare, l'iscrizione
«CONSTANTINVS» o «COSTANTIVS AVG». Si segnala, inoltre, un sigillo di piombo (con il nome
di un Alessio hypatos), sempre proveniente dal pianoro e attribuibile
all'VIII-IX secolo (ZAGARI 2001).
F. R.
Sebbene la tradizione attribuisca alla metà del X secolo l'abbandono di Tauriana a causa di un
sacco saraceno, la città mostra ancora segni di continuità di vita dopo la metà dell'XI secolo,
anche se privata della dignità episcopale: soprattutto in corrispondenza della chiesa di S.
Fantino, si assiste al succedersi di tutte quelle strutture di accoglienza e di cura del luogo di
culto che fa tornare alla mente analoghe e coeve situazioni presso cattedrali e santuari di altri
centri italiani (PANI ERMINI 1989, pp. 857-867.) In tal senso, si possono forse leggere le
epistole di Gregorio Magno che mostrano una stretta connessione tra il vescovo di Tauriana,
i monaci e un monastero in particolare.
Nella cripta, lacerti di un importante ciclo di affreschi di scuola bizantina, databili all'inizio
dell'epoca normanna, attestano la continuità di vita del santuario e un recupero del vano
ipogeo che, nell'alto Medioevo, risultava essere stato abbandonato, dopo aver trasferito le
reliquie del Santo nell'altare della chiesa superiore, a causa della presenza d'acqua.
F. Z.
Gli affreschi nella cripta
All'interno della cripta di San Fantino, sono presenti alcuni significativi frammenti della
decorazione ad affresco che, probabilmente, ricopriva l'aula per intero. Si tratta di tre Santi
vescovi, posti sulle pareti laterali dei pilastri che delimitano la terza nicchia (da ovest) delle
quattro aperte nella parete sud: sulla parete est, è stato riconosciuto, per la didascalia dipinta
(O A. KPICOCTOMOC), S. Giovanni Crisostomo; altre due figure in abiti episcopali, interpretate
come S. Basilio e S. Gregorio, sono dipinte sul fondo della nicchia e nella parete ovest
dell'altro pilastro. In alto, l'intradosso dell'arco è ornato da disegni geometrici (linee e
clipei) e la fronte del pilastro presenta decorazioni, forse architettoniche, di color seppia, con
un tratto verticale blu e rosso (COSTABILE 1976, pp. 103-105). Sulla base di confronti molto
stringenti presenti nella stessa Calabria e in Puglia, gli affreschi superstiti della cripta di S.
Fantino sembrano attribuibili alla seconda metà dell'XI secolo (ZAGARI c.s., su cortese
indicazione della Prof.ssa Marina Falla Castelfranchi).
In particolare, si ricordano gli affreschi del secondo strato della chiesa di S. Nicola a Scalea
(S. Nicola e S. Giovanni Crisostomo), la raffigurazione di S. Giovanni Crisostomo in una
miniatura dell'Exultet I della Cattedrale di Bari, S. Nicola e S. Biagio vescovo a Carpignano
Salentino,un Santo vescovo a Mottola (presso la cripta di S. Nicola), i Santi vescovi raffigurati
tra i dieci Padri della Chiesa orientale nell'abside di S. Marina a Muro Leccese, un Santo
vescovo nell'abside di S. Stefano a Soleto, S. Nicola nella cripta di Coelimanna a Supersano e
S. Nicola nella cripta del Crocefisso a Ugento. Molteplici sono anche i confronti in Campania,
come attesta la raffigurazione di un Santo vescovo acefalo nel ciclo pittorico del complesso di
San Pietro a Corte a Salerno, datato al XIII secolo.
Nella campagna di scavi 2003 a S. Fantino, si è avuta l'eccezionale scoperta di un'altra
porzione dello stesso ciclo di affreschi, che potrebbe occupare l'intera parte inferiore (ca.
1,5 m di altezza×2 m di larghezza) della parete est della cripta. Tale strato dipinto si è infatti
miracolosamente salvato a causa della successiva sovrapposizione di altri intonaci e di una
vasca. Del resto, proprio per la parete est, le cronache relative alla scoperta del vano ipogeo
nel 1952 raccontano di affreschi policromi, parzialmente asportati. A causa dell'umidità del
luogo, non tutta la nuova decorazione è stata messa in luce: nella sua parte inferiore, si vede
un elemento rettangolare allungato, delimitato da linee verticali azzurre e riempito da cerchi,
anch'essi azzurri, disposti orizzontalmente e con, all'interno, elementi floreali in rosso su fondo
giallo. Questo motivo decorativo appare in molti affreschi di scuola bizantina, anche di età
normanna.
Un significativo confronto si trova nella teoria di Santi della Madonna Eleusa a San Pietro a
Corte a Salerno: uno dei Santi rappresentati, a tutt'oggi non identificato, presenta un simile
ornamento (decoro a cerchi bianchi) nell'abito, coperto
dalla tunica (MAURO 2000 pp. 33-42).
E. P.
San Fantino |
Sempre sotto il segno della continuità di vita sul pianoro devono essere letti i ritrovamenti di
manufatti bassomedievali che, purtroppo provenienti da contesti sconvolti negli
anni '50, appartengono all'area della chiesa, o meglio, il complesso di S. Fantino. Infatti, oltre
al luogo di culto, alla cripta e al portico (dove venivano curati i malati), le fonti scritte
parlano di uno o più monasteri che, dall'alto Medioevo, hanno continuato a vivere sino quasi ad
età contemporanea: nell'opera del vescovo Pietro, compare più volte un cenobio femminile,
le cui monache si prendevano cura del santuario e, già precedentemente, dovevano esistere a
Tauriana monasteri maschili (forse anche a S. Fantino), come attestano due epistole di
Gregorio Magno del 16 marzo 591. La sicura testimonianza di un monastero maschile presso
il santuario di S. Fantino risale, però, solo alla prima metà del XIV secolo (COSTABILE 1976,
pp. 88, 91-94; DAGOSTINO 1997, p. 86; FIACCADORI 1994, pp. 728-729; MINUTO 1999, pp.
318-319).
F. Z.
I manufatti ceramici
Durante la campagna di scavi 2003 a S. Fantino, sono stati rinvenuti diversi frammenti di
ceramica acroma a bande rosse e un frammento di protomaiolica, primo esempio di questo
tipo di ceramica sul pianoro di Tauriana. Sebbene si tratti di manufatti provenienti da strati
legati all'attività di scavo e riempimento degli anni '50, sono pezzi particolarmente indicativi
riguardo alla continuità di vita dell'insediamento intorno alla chiesa di S. Fantino, forse riferibili
a quelle fondazioni monastiche che si succedono durante tutto il Medioevo. Il pezzo di
protomaiolica è un frammento della tesa di una scodella decorata con la classica treccia
in bruno e i punti in verde all'interno degli archi; motivo geometrico spesso presente sulla tesa
delle forme aperte della protomaiolica tipo Gela (Gela Ware). La decorazione principale, qui
perduta, doveva essere invece costituita da motivi vegetali, zoomorfi, antropomorfi o araldici.
I confronti sono soprattutto di ambito siciliano, ma anche con pezzi trovati a Tropea
(PATITUCCI UGGERI 1997, fig. 22, p. 48; DI GANGI, LEBOLE 1997, pp. 162, 164). Il frammento di
protomaiolica di S. Fantino conferma, quindi, la diffusione lungo le rotte tirreniche di tale tipo
di ceramica che, poco costosa, ebbe un grande successo commerciale grazie all'opera di
Genovesi e Pisani. Inoltre, questo manufatto ben si associa agli esemplari di ceramica dipinta
sotto vetrina, trovati nello scavo di S. Marina di Delianuova, che imitano i motivi della invetriata
stannifera, soprattutto di ambito siciliano.
Tra i reperti di Delianuova, si cita un pezzo riferibile al cavetto di una scodella, la cui
decorazione, in bruno, rappresenta un goffo pesce squamato che trova confronti
sia in area pugliese che in quella siciliana, anche su piastrelle pavimentali (PATITUCCI UGGERI
1997, fig. 22, p. 48).
F. P.
Con il ridimensionamento di Tauriana, si assiste ad un lento popolamento del più arretrato
pianoro meridionale (odierna città di Palmi), forse con una fase intermedia costituita da un
abitato rupestre collocato tra la città antica e il centro tardomedievale. La contrada ad palmas
- la cui più antica menzione risale agli inizi del XIV secolo (MARTORANO 2001, pp. 229- 231)-
viene fortificata e dotata di una serie di torri di avvistamento, intorno alla metà del XVI secolo,
su iniziativa del vicerè spagnolo e ad opera del duca Carlo Spinelli di Seminara.
La Cittadella (o Carlopoli dal nome del fondatore) figura in un bassorilievo nel quale è
rappresentato l'ingresso di Carlo V a Seminara e in una medaglia bronzea. Si tratta di una
struttura a pianta rettangolare e con 4 torri angolari,di cui sono stati recentemente riconosciuti
dei resti (ZAGARI 2002). Oltre alla ormai distrutta torre di San Francesco, sul promontorio di
Capo Barbi, venne contemporaneamente edificata quella di Pietrenere, che ancora svetta
sul pianoro di San Fantino.
F. Z.
Delianuova e il monastero di S. Marina: dall'abitato bizantino alle testimonianze tardomedievali.
Monastero Santa Marina |
Il paese di Delianuova, frutto dell'accorpamento piuttosto recente degli antichi borghi di
Pedavoli (da tempo identificato con un chorion di età bizantina) e Paracorio, conserva i resti di
un monastero di probabile origine bizantina, collocato in località "S. Marina" e attualmente og-
getto di scavi che hanno portato alla scoperta di ambienti e materiali risalenti al tardo Medioe-
vo. Tale fondazione presenta infatti una lunghissima continuità di vita, probabilmente sino al
terremoto del 1783 (GUILLOU 1972; MINUTO 1999, pp. 429-431; AGOSTINO, ZAGARI 2001).
Accanto alla chiesa, ristrutturata più volte e oggi totalmente spogliata, sono stati identificati
identificati alcuni vani che hanno restituito materiali databili tra la seconda metà del XIII e il
XIV secolo: in particolare, è stato messo in luce un ambiente a pianta rettangolare allungata,
con copertura fittile ("a coppi e controcoppi") sostenuta da una travatura lignea e crollata in
seguito ad un incendio. Sono state individuate diverse tipologie (per forma ed impasto) di cop-
pi e di tegole, oltre a sporadici laterizi, e sono stati indagati gli usi primari e secondari (anche
nell'ambito regionale) di tali materiali. Per la ceramica comune, si segnalano quella da fuoco,
spesso invetriata e di produzione locale (tra le forme spiccano olle e pentole), e quella acroma
che include anforacei decorati a bande rosse.Numerosi sono i frammenti diceramica rivestita:
le invetriate verdi, bruno-verdi e policrome, la dipinta sotto vetrina e la protomaiolica, anche
monocroma.Per il vetro, è attestata l'assoluta preminenza di contenitori da mensa, soprattutto
di bicchieri con bugne applicate, accanto ad una lampada vitrea da sospensione,spesso legata
ad ambienti monastici e a luoghi di culto (STIAFFINI 1999, pp. 118-119). Tali reperti si associa-
no al ritrovamento di uno scarto di lavorazione, ad alcune scorie di produzione non metallurgi-
ca e ad un frammento di parete di forno con l'imbocco per la tuyère, individuati al di fuori dei
saggi indagati archeologicamente. Estremamente scarsi sono i reperti metallici: 15 pezzi che
vanno dagli elementi da costruzione (chiodi e copiglie per porte), a ferri per equino ad un
crocco di balestra, unico manufatto metallico di S.Marina sinora datante.
F.Z.
NOTA
* La ricerca si è avvalsa della proficua collaborazione della Soprintendenza Archeologica della
Calabria. In proposito, desidero ringraziare la Dott.ssa Elena Lattanzi, Dirigente Superiore
della Soprintendenza Archeologica della Calabria, per il costante interesse verso queste
indagini, e la Dott.ssa Rossella Agostino, Direttrice Archeologa, per la disponibilità
dimostrata. Inoltre, un sentito ringraziamento va al Collegio dei Docenti del dottorato di ricerca
in Archeologia e Antichità post-classiche (secc. III-XI), con sede amministrativa presso
l'Università degli Studi di Roma "La Sapienza " e con sedi consorziate nelle Università di Bari,
Chieti G. D'Annunzio, di Roma "Tor Vergata", di Torino-Vercelli.
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